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#STORYTELLING #CIVILLERILOSICCO
Nella primavera dell’anno seguente la residenza si spostava, seguendo una traiettoria verticale lungo l’Italia, a Milano. Anche in quell’occasione e sempre di più intenzionalmente il luogo che ci ospitava era un impianto sportivo. Eravamo tra i palazzoni di Gratosoglio, a sud, dopo Chiesa Rossa.
Il Crt, difficile spiegare oggi il significato della sigla, era organizzatore della residenza.
In quei giorni rimasi stupito da un unico e incredibile avvenimento, mentre soffrii profondamente per un altro.
Lo ricordo come un passaggio di cui tutti sentivano il bisogno. Accadde che il confine “dentro/fuori” si era assottigliato. Facevamo un gioco, un gioco con tante regole. Perché la regola faceva il gioco. Straordinaria convinzione.
La mattina del quinto giorno uscii fuori e guardai il parcheggio davanti il centro sportivo Luigi Carraro. Lei, Silvia, era lì, dentro l’auto, con abiti da lavoro, zaino e acconciatura ribelle.
Era sempre stata lì, fin dal primo giorno. Aveva incassato parole taglienti e miei sguardi furiosi per i ritardi, ma aveva continuato. Quella mattina decisi che sarei stato inflessibile. Agiva con intenzionalità, per farmi venire l’embolo? Quella mattina entrò a testa bassa, con piccoli passi veloci tagliava il campo verso di me. Io caricai tutto il fiato che potevo, ma appena si piantò davanti, stese il braccio e mi presentò un sudicio foglio. Era la giustifica! Firmata dai genitori! La lessi, non dissi una parola, rimasi fermo. Trovai tutto il coraggio che potevo, spinsi l’aria dentro il fischietto. Il pallone in aria segnava linee tese, i corpi guizzavano feroci attorno a me. Loro avevano fatto il salto ed io li avrei guardati dall’altra parte. Stavano giocando con noi, insieme a noi.
Quella residenza finì con una corsa in ospedale e i legamenti di un ginocchio lacerati. Soffrii maledettamente.
L’attimo del balzo in avanti di Veronica lo ricorderò per sempre, di riflesso provai dolore anche io. Il suo silenzio e la sua calma mi atterrivano…”avevano la forza degli angeli”… mi ripeteva Manuela.