IL VIAGGIO DEL SEGNO
Un progetto di Chiara Casorati
“Conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare.” (Bruno Munari)
[/col] [/row] [gap height=”30px”] [row] [col span=”1/1″]A chi è rivolto
Il viaggio del segno è un insieme di laboratori di arte rivolti a bambini e adulti. Sono stati proposti e realizzati sia in spazi pubblici come scuole materne, che in contesti privati come lo Spazio Elaboratorio o eventi come “Salute Felicità”, organizzato da Omeoart.
[/col] [/row] [row] [col span=”1/1″]L’osservazione e la percezione: lo spazio vuoto necessario alla fantasia
Il focus di questo “viaggio” verte sull’utilizzo di materiali semplici e si concentra su alcuni gesti creativi altrettanto semplici: l’attenzione viene riposta principalmente sull’educazione all’osservazione e alla percezione, piuttosto che all’abilità o alla quantità di tecniche apprese e applicate. Oggi c’è una sovrabbondanza di informazioni: i bambini, anche se nella fase della materna, sono iperstimolati e alle volte rischiano di perdere la capacità di far danzare la loro fantasia. L’esperienza di un mondo troppo pieno, di spazi interiori troppo arredati dal futile e dal banale, è tipica dell’uomo e della donna del XX e del XXI secolo. Fu Walter Benjamin a parlare di «uomo ammobiliato» per intendere la colonizzazione dello spazio interiore da parte di oggetti e di immagini che letteralmente non lasciano più spazio per riflettere, stare da soli, pensare.
Per questa ragione molta importanza viene data anche al modo in cui sono disposti i materiali offerti: trovarli, scoprirli e conoscerli – prima ancora di usarli – è un’avventura anche quando si tratta solo di pezzi di cartone o fogli di carta.
Attraversare una soglia
Per esempio una matita. E un foglio bianco. Una goccia di colore. Un segno può essere timido? Può essere distratto, o essersi perso?
Può essere arrabbiato, dolce o silenzioso? Il tratto debole di una matita accanto a quello calcato di un pennarello possono essere già gli elementi di un dialogo? Dipende. Dipende dal mio sguardo. Il segno di una matita è la pressione che io esercito con la mano sulla carta: è, metaforicamente, la pressione del mio immaginario interno sul mondo esterno. Il segno è il punto d’incontro.
Io creo.
Io agisco su qualcosa. Qualcosa riceve. Tutti i giorni. Quando parliamo, quando stringiamo la mano a qualcuno, quando abbracciamo. Quando ascoltiamo, attenti, scocciati, aperti o impermeabili, come la carta ascolta e riceve l’acqua, l’acqua che si fa colore. La carta velina, sottile e fragile, o la carta patinata, che si fa scivolare addosso le cose.
Anche la carta ha un carattere? È la nostra attenzione che trasforma la materia in una narrazione: con dei personaggi che hanno dei caratteri, delle emozioni e delle azioni. Saperle ri-conoscere per poi usarle. Non insegneremo a disegnare. Il disegno lo faccio con la mano, ma nasce nel mio immaginario. La sensibilità del mio sguardo è la soglia. Coma attraversarla? Questa si che è un’arte! In quest’ottica non esiste la distinzione di bello e di brutto.
“Spesso tendiamo a considerare errore qualcosa a cui non siamo abituati, che non prevediamo e che ci coglie impreparati, perché ci spiazza, capovolge i nostri paradigmi e ci costringe a spostare il nostro punto di vista. Per questo l’errore si rivela una risorsa preziosa, che apre nuovi scenari, pone nuovi quesiti e permette di trovare soluzioni alternative.” (Cesare Pietroiusti)
I materiali
Pur non considerandolo l’obiettivo, l’aspetto tecnico non viene sottovalutato. Oltre al viaggio sulle diverse superfici della carta alla scoperta del segno lasciato dall’acqua e dal colore, ci soffermeremo su carboncini, grafiti di diverse morbidezze, legnetti, mani, fili e quant’ altro. Lasceremo la carta per orientarci man mano verso la terza dimensione: sarà cartone, saranno personaggi (ciascuno con la sua storia), saranno assemblaggi di oggetti, sarà argilla manipolata per creare semplici ciotole usando diverse tecniche, ma anche altro; l’argilla si offre per essere toccata ad occhi aperti e ad occhi chiusi per affinare la percezione della materia: imparare fin da piccoli ad usare le mani significa imparare ad ampliare il proprio pensiero.
[/col] [col span=”1/2″] [ux_image id=”1360″] [/col] [col span=”1/2″] [ux_image id=”1361″] [/col] [/row] [gap height=”30px”] [row] [col span=”1/1″]L’aspetto narrativo
L’aspetto narrativo Accanto all’osservazione e alla manipolazione grande importanza verrà data anche alla comunicazione; l’arte è comunicazione: la bellezza, disse Kandinskji, consiste nell’esprimere la sua interiorità. In quanto tale è un mezzo con cui ci relazioniamo al mondo esterno. Il linguaggio che si crea con i mass media rischia l’appiattimento verso una stereotipizzazione estremamente limitante. Cercheremo qui, invece, di ampliare l’immaginario e, con esso, la possibilità di esprimerlo e crescere attraverso la condivisione di questo.
Nel viaggio del segno che percorreremo insieme valorizzeremo enormemente il potenziale narrativo di ciò che andremo tracciando ed il racconto che nascerà da ciascun bambino (o adulto) man mano che procederà nell’esperienza pratica.
Le fiabe e gli eroi
Altro aspetto per noi fondamentale è il passaggio dall’essere passivi all’essere attivi. Entrare nel luogo in cui si svolgerà il laboratorio sarà come entrare dentro ad un piccolo teatro: qualcosa cambia e una breve fiaba diventa lo spazio scenico della realtà dell’immaginario. Ogni fiaba ha un eroe, e ogni eroe ha di fronte a sé un cammino, delle difficoltà, degli ostacoli superando i quali egli potrà conoscersi e crescere. Ogni eroe è l’alter ego in cui ci possiamo immedesimare e ogni eroe incontra nel suo percorso personaggi fatati o reali che gli forniscono gli strumenti necessari al raggiungimento del suo obiettivo. Gli eroi che incontreremo noi saranno una gocciolina d’acqua che non riusciva a farsi vedere da nessuno, un filo che era stufo di stare dentro alla sua stoffa, il guscio di una noce che voleva disegnare, una montagna viaggiatrice, un cielo curioso, una scatola di cartone stufa di essere usata per trasportare cose e oggetti che avevano l’ambizione di essere esposti in una mostra d’arte. Saranno di volta in volta i bambini stessi ad avere la soluzione ai loro dilemmi: la loro creatività, facendosi portatrice dell’elemento magico che riporta all’equilibrio, si sperimenta prima nella dimensione del lavoro collettivo e solo in seguito in quella del lavoro individuale.
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