“La realtà si forma soltanto nella memoria” 
(Marcel Proust)

 

APPUNTI SUL LAVORO BIANCA/
La luce è elemento che determina lo spazio, sottraendolo al buio in porzioni, segmenti e forme geometriche: il cerchio, il disco e la sfera sono le figure primarie del lavoro en-space e determinano la composizione dei movimenti di scena sia corali che individuali.
Il susseguirsi delle scene procede per rievocazione, svela brandelli della memoria di Bianca senza vincoli. Luce, suono e corpo sono l’origine della drammaturgia scenica.
La Musica è spinta verso l’essenza: la nota unica è generatrice di una nuova complessità, di una composizione originale. È drammaturgia a cui i corpi si affidano perdutamente.
Il Corpo degli attori affronta ritmicamente il movimento, che è inteso come unico dispositivo di interpretazione per l’attore.
Bianca è uno spettacolo banalmente fisico, legato al corpo degli attori, non solo dal punto di vista della sapienza che mettono in campo, ma soprattutto per quell’aura che li avvolge e li rende segni profondi della scena.

NOTES ON BIANCA/
Light is the element that defines the space, subtracting it from the darkness in portions, segments and geometric shapes: the circle, the disc and the sphere are the primary figures of the en-space work and determine the composition of both choral and individual scene movements. Unconstrained , Bianca reveals shreds of her memory, while light, sound and body create the scenic dramaturgy , a succession of scenes proceeds by re-enactment. Music is pushed towards the essence: the unique note is the generator of a new complexity, of an original composition. It is dramaturgy to which the bodies are hopelessly entrusted. The Body of the actors tackles rhythmically the movement, which is intended as the only expedient of interpretation for the actor. Bianca is a trivially physical performance, linked to the actors’ bodies. Their bodies, enveloped by an aura of high wisdom and energy, make them deep signs of the scene.

LE MUSICHE/
In Bianca si è proceduto per “visioni” e senza seguire un vero e proprio copione in senso tradizionale. Idee e visioni sono state ciò che hanno definito un campo dove scena e suono si fondono e si supportano vicendevolmente per definire un immaginario.
Non si è mai pensato a una fine né a un inizio, ma piuttosto a uno spazio. In particolare, uno spazio che racconta un vuoto cosmico che assorbe la rappresentazione stessa. In questo senso una frequenza costante accompagna pubblico e attori dal “non-inizio” alla “non-fine”.
Questa frequenza si evolve in brani musicali composti volutamente senza conoscere il testo, ma solo la visione di esso. Tutto quello che avviene all’interno della rappresentazione è movimento sonoro e visivo contenuto nel “sempre”. Ciò che avviene in scena, avviene nella musica non come commento, ma come ricostruzione di uno spazio. I temi incalzanti e a volte ossessivamente lirici vengono destrutturati e ricuciti.
Geometrie vengono costruite distrutte e ricreate suscitando un contrasto percepito come quiete e angoscia senza fine.
(Gianni Gebbia e Giovanni Verga)

MUSICS/
Never thought of an end or a beginning, but rather a space. In particular, a space that tells a cosmic void that absorbs the representation itself. In this sense, a constant frequency accompanies the public and actors from “non-beginning” to “non-ending”. This frequency evolves into music composed deliberately without knowing the text, but only the vision of it. Everything that happens within the representation is sound and visual movement contained in the “always”. What happens on stage happens in music not as a comment, but as a reconstruction of a space. The pressing and sometimes obsessively lyrical themes are de-structured and sewn up. Geometries are built destroyed and recreated, causing a perceived contrast as stillness and endless anxiety.
(Gianni Gebbia e Giovanni Verga)

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Bianca è il nome di una donna. Si manifesta dal buio, arroccata in cima alla torre della sua solitudine, come rapita da un incantesimo. Ha paura della sofferenza, della vecchiaia, della mancanza d’amore, della fine, e la melanconia la cinge come una sorella dolce della morte. Il suo sguardo non si posa su niente, la proietta lontano dalla realtà, sempre più lontano fino a ripiegarsi su se stessa.
In questo movimento verticale di discesa, due personaggi, inizialmente a lei poco familiari, la condurranno, attraverso le tracce della memoria, nel disordine della sua esistenza. Questi due Maître della scena, fini manipolatori del tempo e dello spazio, nel duplice ruolo di custodi e protagonisti della memoria di Bianca, costruiscono e sconvolgono atmosfere e situazioni.
Lo spettacolo non è un racconto di eventi, bensì uno scavo archeologico dell’universo femminile. Bianca muta scalza e smarrita attraversa mondi sterminati alla ricerca della sua identità di donna, condizione primaria, che le permetterà di generare l’unica parola vera in risposta alla sofferenza della sua esistenza.
(Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco)

Bianca is the name of a woman. Revealed from the darkness, perched atop the tower of her solitude, as if kidnapped by a spell. She is afraid of suffering, of old age, of lack of love, of the End, and melancholy surrounds her like a sweet sister of death. Her gaze doesn’t rest on anything, it projects her far away from reality, farther and farther and farther until she folds back on herself. In this vertical movement of descent, two characters, initially unfamiliar to her, will lead her, through the traces of memory, into the disorder of her existence. These two Maître of the scene, fine manipulators of time and space, in the dual role of custodians and protagonists of Bianca’s memory, build and upset atmospheres and situations. The show is not a tale of events, but an archaeological excavation of the female universe. Barefoot mute Bianca crosses endless worlds in search of her identity as a woman, a primary condition that will allow her to generate the only true word in response to the suffering of her existence.
(Sabino Civilleri and Manuela Lo Sicco)