“Il ring è un palcoscenico e il palcoscenico è un ring dove si affrontano le passioni, o la scomparsa delle passioni come nel buio di un knock-out; il pugile è un ballerino, un funambolo che come l’eroe di Jean Genet cerca la sua posizione nel mondo sacrificando nella sua rabbia la menzogna di una esistenza perduta. Ma questo lavoro di Sabino Civilleri e di Manuela Lo Sicco, su bel testo di Enrico Ballardini, non ha solo tutto questo, queste suggestioni forse più facilmente percepibili, ha qualcosa di più e di diverso, compie, per così dire, un passo in avanti se non un salto nell’oscuro svuotamento di un tempo che non cerca eroi, perché non cerca più uomini e donne bensì sembra quasi e solo preconfezionarli”.
(Maria Dolores Pesce – Dramma.it)
La storia di “Boxe” racconta di una palestra in cui c’è tutto, manca solo un atleta in grado di combattere un incontro. In programma però c’è un combattimento imminente, un guadagno sicuro per tenere in vita la struttura.
Fra le persone che si aggirano per la palestra, l’unico impegnato in un lavoro vero è il ragazzo delle pulizie: a lui viene chiesto di combattere, facendo leva sui suoi sogni, chiedendogli di non avverarli e quindi di combattere sapendo di perdere. Solo così questo mondo continuerà a rimanere a galla.
Quando il pugile entra nel ring e sale sul quadrato non è solo. Attorno a lui c’è il team. Attorno al Team c’è il pubblico.
Il pugile è l’uomo che combatte per una bistecca da portare a casa, che resiste a colpi durissimi, che sfida il sistema. Il suo team è lì, attorno al quadrato, a ricordargli che lui è l’eroe e li porterà fino alla vittoria. Il pubblico partecipa alle gesta dell’eroe nel quadrato.
Questa è la favola che tutti noi vorremmo ascoltare sulla boxe. Nel nostro mondo non è così.
La boxe è solo una forma spettacolare, il pugile è l’attore di una farsa. Il team è un ingranaggio che tiene le fila di un mondo svuotato di senso, in cui la retorica è l’unica possibilità per rimanere a galla. Il pubblico è solo un insieme di occhi che assistono.
Questa è la favola che nessuno di noi vuole ascoltare.
Associazione Culturale Civilleri/LoSicco